mercoledì 1 febbraio 2012

Fattoria Le Sorgenti: terroir, qualità e gentilezza

Gennaio, giorno di riposo ed insieme al nostro amico Filippo ci rechiamo poco distanti da Firenze a visitare una delle aziende, a nostro parere, più interessanti dell'area fiorentina. Destinazione: via di Docciola 8, località Vallina, Bagno a Ripoli, all'anagrafe Fattoria Le Sorgenti. Appena entrati, dopo aver percorso un bel viale, ci troviamo davanti la zona dove vengono effettuate le degustazioni, ricavata all'interno della cantina, e da un lato la casa dove vivono i proprietari Gabriele ed Elisabetta Ferrari. Ci viene ad accogliere Gabriele che per prima cosa ci guida nella vinsantaia dove è in corso un evento unico, l'ammostamento. Dopo essere stati ad appassire per alcuni mesi i grappoli vengono esaminati attentamente, tolti gli acini ammuffiti e quindi separati manualmente uno ad uno dal raspo, un lavoro veramente certosino, ma come ci dice Gabriele, necessario per ottenere il loro vinsanto, Hyris.

Poi ci accomodiamo sulla jeep aziendale ed iniziamo il viaggio nei vari cru aziendali. L'azienda produce 5 vini oltre all'olio. Si parte dal bianco Sghiras, uno Chardonnay in purezza con un lieve passaggio in botte, passando poi per il Chianti Colli Fiorentini Respiro, Sangiovese ed una piccolissima parte di Trebbiano e Malvasia, il Gaiaccia a base di Sangiovese, Merlot ed Alicante, lo Scirus, il cru a base di Cabernet Sauvignon, Merlot, Malbec e Petit Verdot ed infine Hyris, il vinsanto a base di Trebbiano e Malvasia.
Gabriele ci spiega da subito che la presenza massiccia di vitigni internazionali non è dovuta alla recente moda ma alla passione di suo padre per questi vitigni, piantati nei primi anni settanta e perfettamente adattati ai vari terroir. E parlare di terroir qua è proprio adeguato. Perché la Fattoria Le Sorgenti non ha un unico grande vigneto ma tanti piccoli vigneti ad altezze diverse, con terreni ed esposizioni diverse e Gabriele tenta di scegliere per ogni terroir il vitigno più adatto. Quindi diversi vigneti di Sangiovese, uno per il Chianti ed uno per il Gaiaccia, e poi di Malbec, Merlot, Chardonnay, Trebbiano, Malvasia.

Terreni che vanno da quello a prevalenza argillosa a quelli più rocciosi e scistosi. Ad esempio nel vigneto La Sala, a circa 150m slm in un terreno a prevalenza limosa viene coltivato il sangiovese usato per il Chianti Respiro, nel vigneto Torre Rossa con terreni misti argilla e limo vengono coltivati Sangiovese, Petit Vedot e Alicante per produrre il Gaiaccia e lo Scirus. L'ultimo vigneto visitato è il Capaccio a 450m slm dove si producono Sangiovese e Merlot e dal quale si gode di una vista panoramica meravigliosa che spazia dalle Alpi Apuane al Chianti.

Una visita veramente interessante che culmina con l'assaggio dei vini a casa di Gabriele ed Elisabetta. Naturalmente viene allestito un vero e proprio banchetto che spazia da bruschette, pasta a formaggi con le varie e meravigliose confetture prodotte da Elisabetta. Menzione di merito va senz'altro alla confettura di peperoni che ci ha conquistato tutti con il suo gusto dolce ma non  troppo e con una piccantezza evidente ma non eccessiva.
I vini si sono dimostrati tutti più che all'altezza. Lo Sghiras (Chardonnay) è differente da quello a cui ci avevano abituato negli scorsi anni con un legno volutamente molto meno invasivo, leggermente percettibile al naso ma che non copre gli aromi primari dello Chardonnay ma lo rende solo più complesso. Vino con un'ottima acidità, morbido ma non troppo, da provare sia con formaggi semi-stagionati che con carni bianche o anche con primi di verdura magari cucinati aggiungendo un goccio di panna.
Il Chianti Colli Fiorentini Respiro si è dimostrato ancora una volta un vino dalla grande beva, fresco, non troppo tannico, un Chianti vecchio stile come piace a noi. Abbinato ad un piatto di pasta al ragù era proprio perfetto.
A seguire il Gaiaccia (Merlot, Sangiovese e Alicante), un vino a mio parere meraviglioso con un naso complesso e accattivante con sentori che spaziano dai frutti rossi (ciliegia, prugna, frutti di bosco), alle spezie con tabacco, liquirizia, vaniglia e con note balsamiche. In bocca è avvolgente, fresco, con una buona beva, non il solito vinone tutto legno e muscoli ma un vino che si può definire egregiamente con un solo aggettivo, elegante.
Dopo il Gaiaccia lo Scirus (Cabernet Sauvignon, Merlot, Malbec, Petit Verdot), vino di un bel colore rosso rubino intenso che si rivela potente al naso con sentori di frutta rossa matura, spezie ed in bocca morbido ed avvolgente. Sicuramente una delizia per chi ama il taglio bordolese ma anche per gli altri perché anche in questo caso non siamo in presenza di un vino "eccessivo" ma con una buona beva, un buon corpo ed un'ottima acidità. Con formaggi stagionati ed erborinati ha dato il suo meglio anche se lo consiglierei con un piatto di cinghiale in umido o lepre in salmì.
Per finire una delizia sotto ogni punto di vista, il Vin Santo Hyris (Trebbiano e Malvasia), come abbiamo già detto prodotto con estrema cura (vendemmia manuale, appassimento naturale con i grappoli appesi a fili, ammostamento con selezione dei chicchi uno ad uno, e poi almeno 5 anni in caratello). Al naso si presenta con note di frutta secca, albicocche e fichi in primis e poi miele e sentori eterei, in bocca è denso, corposo, dolce ma non troppo (è un vin santo) e soprattutto spicca la nota acida che riesce a rendere questo vino per niente stucchevole anche dopo il secondo bicchiere.

A questo punto termina la nostra visita in un'azienda che ci ha sorpreso per la complessità dei suoi vini, per la gentilezza e la semplicità dei proprietari ma soprattutto per la bellezza dei vigneti e per la reale percezione del legame vino- terroir che abbiamo avuto. Abbiamo visto tanti piccoli vigneti, a volte anche molto distanti tra loro, con terreni diversi, esposizioni e microclimi differenti e ci siamo imbattuti in un vero vigneron. Gabriele non ha piantato ovunque Sangiovese perché siamo in Toscana, o solo vitigni internazionali perché questi vini vanno di moda ma ha cercato di legare ogni terreno e microclima al vitigno che lui riteneva più adatto e durante la vinificazione non è stato invasivo ma ha lasciato esprimere ai vitigni quello che avevano da dire. Questo per noi è parlare di terroir e questo è il solo modo di fare vino.
E voi cosa ne pensate?

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